Quante manifestazioni ci sono state in questi ultimi 20 anni contro la guerra? Tantissime. Non contiamo poi quelle degli anni'70 contro la guerra in Vietnam ecc... Pare che l'umanità sia sempre in guerra e che di questa attività non si possa farne a meno.
Con questo pensiero mi è venuto alla mente un libro di James Hilman: Un terribile amore per la guerra- titolo originale, A terrible love of war- uscito nel 2005 per le edizioni Adelphi.
In questo libro, il grande psicoanalista junghiano sostiene, nella sua digressione psico-filosofica, la naturale predisposizione delle pulsioni profonde per la violenza. La guerra si spiega soprattutto con la mitologia; la quale racconta che sui campi di battaglia non è presente solo il dio della guerra, ma vi opera anche la dea dell’amore e della bellezza.
Maria Zambrano la grande filosofa spagnola, allieva di Josè Ortega y Gasset, diceva che nessuna azione umana può prescindere dal mito. Ogni cosa che fa l'uomo trova riscontro nella mitologia e si può quindi affermare che il mito sia all'origine del pensiero. Detto ciò ecco che la guerra è un'azione umana che affonda nel mito di Ares e Afrodite, ovvero di Marte e Venere, la sua verità. La guerra faccenda molto umana contiene paradossalmente più inumanità di qualunque altra cosa.
La guerra risulta senza dubbio una costante della dimensione umana. Essa appartiene alla nostra anima come verità archetipa del cosmo.
Così Hillman continua: 'la guerra è un’opera umana e un orrore inumano, e un amore che nessun altro amore è riuscito a vincere. La guerra in quanto tale rimarrà finché gli dei stessi non se ne andranno'. Ancora: 'Le guerre non si combatterebbero se non esistesse chi è disposto a contribuire alla loro realizzazione. Reclute, schiavi, militari di carriera: checché ne dicano i renitenti alla leva, ci sono sempre masse pronte a rispondere alla chiamata alle armi, ad arruolarsi, a combattere'.
Il libro è diviso in 4 capitoli: 1) guerra è normale; 2) La guerra è inumani; 3) La guerra è Sublime; 4) La religione è guerra. Quest'ultimo capitolo è molto affascinante e provocatorio. L'affermazione che da il titolo al quarto capitolo porta a chiederci se la guerra non sia di per sé una religione. Un modo di credere che il conflitto, la violenza, il pregiudizio e l'odio siano la soluzione definitiva per redimere un disaccordo.
James Hillman dopo essere risalito al carattere mitologico e arcaico che accompagna il fenomeno della guerra nell'uomo, ecco che avanza una dimensione morale, cosiddetta 'giusta' che porta con sé tutte le contraddizioni: quella religiosa.
La differenza tra Mito e religione sta proprio nel fatto che gli dei mitici non sono dei religiosi: non hanno una Chiesa, una comunità di devoti, un clero o testi sacri. Soprattutto non pretendono una fede. Nelle religioni del libro c'è un dio personale che parla a un essere umano storico in un preciso momento e in un preciso luogo e il fedele è tenuto a credere nella verità rivelata, alla parola, appunto, del dio che parla.
Guardando lo scontro di questi tempi tra Israele e gli arabi; tra musulmani di diverse tribù; tra islamici e cattolici viene subito agli occhi quanto un dio, chiamato Dio, Jahvè o Allah, stia dicendo agli orecchi dei molti in campo: guerra e ancora guerra.
Al pari di tutti gli scrittori e filosofi che alla guerra hanno tributato meditazioni decisive -da Twain a Tolstoj, da Foucault a Hannah Arendt- , Hillman ci guida a una scandalosa verità: più che un’incarnazione del Male, la guerra è in ogni epoca una costante della dimensione umana. O meglio, troppo umana.
Un terribile amore per la guerra
di James Hillman
Traduzione di Adriana Bottini
2005, 2ª ediz. pp. 296 - € 20,00
isbn: 9788845919541
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