Ricordo l'enorme dolore che mi procurò la notizia del genocidio di Srebrenica venti anni fa. Quel crimine fu compiuto da forze cristiane serbe contro i musulmani; con la responsabilità di molta parte dell'occidente.
Era da tempo che in quel paese, la Serbia, una delle nazioni che comprendevano la Jugoslavia, si combatteva una guerra civile.
Sarajevo che fino a poco tempo prima era considerata la città della pacifica convivenza tra le diverse etnie e religioni era diventata una città assediata e martirizzata da continui bombardamenti e tiri al bersaglio su una popolazione civile inerme.
Per quei fatti in quel tempo scrissi queste frasi, che furono pubblicate da Il SecoloXIX :
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Ancora a guardare, ora con gli occhi di televisioni e giornali, un altro dramma.
Ancora a guardare, con il ricordo delle parole di chi ha già visto: Primo Levi, Se questo è un uomo.
Ripetilo ancora, ogni volta: Se questo è un uomo.
Ricorda come La mala novella di quanto, ad Auschwitz, è bastato animo all'uomo di fare all'uomo.
E ancora qui, in Ruanda, a Sarajevo; in Somalia, Etiopia, a Srebrenica: Se questo è un uomo.
Ogni volta la domanda, dove un potere ci divide tra sommersi e salvati.
Ma ancora ci sarà un Lorenzo a farci vedere un uomo e a non farci dimenticare d'essere noi stessi uomini.
E da voi tedeschi, che vi credevate i più potenti, che parlate la musica di Goethe e cantate le parole di Mozart, abbiamo avuto la capacità di distruggere l'uomo e di domandarci: Se questo è un uomo.
E da voi serbi che credete in una vostra etnia, che pregate il nostro Dio e avete il nostro paesaggio, continuiamo a vedere la capacità di uccidere e ci fate domandare: Se questo è un uomo.
Ma ancora potremo, in questa coazione a ripetere, trovare l'interrogazione per continuare a sperare?
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Oggi viene commemorata quella strage e ancora dobbiamo riflettere di quanto sia facile ogni volta far uscire la bestia in noi, tanto da domandarci sempre: Se questo è un Uomo.
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