Ho appena terminato di leggere Dio e Darwin -Natura e uomo tra evoluzione e creazione- di Orlando Franceschelli. Con questo saggio chiaro e conciso ho compreso che perfino la nostra mente, la nostra capacità etica, può essere spiegata con il naturalismo evoluzionistico di Darwin.
La plausibilità di questa teoria ha aperto alla scienza scenari sempre più nuovi e difficili da intaccare con creazionismi o disegni intelligenti.
Charles Darwin, che all'inizio era un fervido credente, alla fine dei suoi studi si proclamò non ateo ma agnostico, senza religione. E' proprio la religione il legame difficile da estirpare nella mente di un uomo a cui fin da bambino è stato educato a queste credenze: così sosteneva Darwin.
Darwin ha segnato un punto di svolta epocale e semplicemente non raggirabile. Dopo Darwin, è veramente cambiato per sempre il nostro modo di guardare al mondo, alla natura umana, all’etica.
Tutti noi volenti o nolenti abbiamo assorbito la concezione del platonismo cristiano; con Darwin usciamo dalla componente personale e divina della natura per comprendere che quella forza che opera nella selezione naturale non persegue nessun disegno consapevole o finalistico, ma solo ciecamente adattivo, con le componenti stocastiche delle mutazioni e delle forze dell'ambiente. Il tutto senza assicurare nessun risultato ottimale...anzi sprecando e procedendo per errori.
Leggendo questo libro mi è venuto alla mente-anche se l'autore non lo cita- il lavoro di Jacques Monod descritto nel libro: Il caso e la necessità, (di questo libro mi riprometto di parlarne in un altro post).
E' solo dopo Darwin che alla domanda che continuamente si chiedeva Kant in modo lacerante: 'O uomo da dove vieni? Troppo poco per essere opera di un Dio, troppo per essere frutto del caso', possiamo dare una risposta plausibilmente emancipata da ogni residuo creazionistico e antropocentrico.
Con Darwin viene acquisito definitivamente che non c'è alcun anello mancante nella genealogia dell'Homo sapiens, per cui non ha né una provenienza né una destinazione extra-naturali e neppure una condizione speciale all'interno della natura. Come appunto aveva ben visto prima Spinoza, che avendo rinaturalizzato insieme a Dio anche l'uomo, ammoniva a considerare quest'ultimo non 'un potere all'interno di un potere (imperium in imperio)', bensì parte della natura. Anzi e saggiamente: 'particula naturae'. Darwin concludeva: 'Che le circostanze abbiano dato all'ape il suo istinto non è meno meraviglioso del fatto che abbiano dato all'uomo il suo intelletto'.
Possiamo indagare allora su l'uomo e la sua storia senza una concezione che preveda il ricorso ad una anima immortale, un suo Dio creatore e ad una Provvidenza divina? Riusciamo a considerare la dignità umana e con essa i valori etici, la giustizia e la civilizzazione indipendenti da un'anima immortale? Sì, con Darwin riusciamo a considerare l'uomo alla stregua di tutti gli altri esseri viventi.
Darwin nega la diversità tra l'uomo e i mammiferi più elevati riguardo alle loro facoltà mentali. Con ciò, destituito da quel ruolo predominante che gli era stato attribuito all’interno del creato, nonché mettendo in discussione la allora imperante teoria creazionista, si può riscrivere la storia.
La sola differenza che Darwin aveva prospettato tra l'intelligenza e il linguaggio dell'uomo e quelli degli altri animali, era di grado – spiegabile con la legge della selezione naturale – e non di genere.
Se accanto agli attacchi dei creazionisti, si considerano anche le strumentalizzazioni delle teorie di Darwin da parte dei darwinisti sociali, le incomprensioni nichilistiche di Nietzsche (volontà di potenza contro evoluzione culturale concepita come snaturamento), e quelle storicistiche di Marx (natura umana essenzialmente storica contro la riduzione dell'uomo a pura animalità), il contributo davvero epocale del naturalismo darwiniano al passaggio moderno dall'universo-creazione all'universo-natura e dall'uomo imago Dei a Homo sapiens, si tocca con mano.
Darwin aveva visto giusto. Anche dopo gli attacchi di Nietzsche e Marx, il pensiero di Darwin di inserire anche la cultura come frutto dell'evoluzione rafforza la sua teoria e l'integrazione tra biologia e cultura, capacità morale genetica si inseriscono in una effettiva evoluzione; sempre a partire dalla naturalizzazione non avida dell'uomo.
Ebbene, il cuore di tutta l'impresa, indubbiamente complessa, di Darwin, altro non è che il tentativo di trasformare proprio una simile assurdità in plausibilità.
Si dimostra che l'evoluzionismo può rendere conto di tutto il sistema naturale, senza fare ricorso ad alcun piano di un Creatore. A quest'ultimo subentravano due inconsapevoli meccanismi soltanto naturali: la casualità delle mutazioni e la selezione di quelle più adatte alla sopravvivenza.
Tutta la saggezza inventiva dell'universo si potrebbe spiegare con le eterne rivoluzioni della materia cieca (Hume)
In sostanza il riconoscimento dell'evoluzionismo darwiniano può aprire la porta al dialogo tra fede e disincanto, perché rende entrambi più critici e consapevoli.
La ricerca di un Dio che non sia contrapposto al naturalismo, ma dialogante. Un Dio che non sia votato a vedere il male nell'evoluzione naturalista. Un Dio che venga concepito anch'esso come un Dio dell'evoluzione.
Ecco cosa ci regala Darwin, la possibilità di rivedere un Dio laico; un Dio umile che si sottomette alla autonomia evolutiva dell'universo e alla libertà dell'uomo.
Allora sarà sconfitto ogni fondamentalismo andando oltre alla contrapposizione tra ateismo e teismo.
Dio e Darwin - Natura e uomo tra evoluzione e creazione
di Orlando Franceschelli
Edizioni Donzelli 2005, pp. VI-168, ISBN: 9788879899987 - € 12,50
L'autore Orlando Franceschelli, filosofo, insegna Teoria dell’evoluzione e politica presso l’Università La Sapienza di Roma.
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