giovedì, gennaio 19, 2017

La mia Sestri: una storia nella Storia – parte ottava

Parte ottava

Attilio. Mio papà Attilio, molto magro, con una vaga somiglianza ad Harold Lloyd, con due spese lenti a far uscire ancora di più gli occhi grandi per la miopia, era nato il 5 maggio 1914. Terzo di quattro figli maschi Attilio era nato a Sestri Ponente e precisamente sul puntinetto.
Da ragazzo aveva alternato il lavoro di maschera al cinema Italia e di cameriere presso La Grotta, il Ristorante da Relio in via Sestri. Il mitico locale costruito come una grotta con stalattiti prese dalle grotte del monte Gazzo e un laghetto artificiale con dentro una barca. Un luogo pieno di fascino che faceva arrivare anche a Sestri Ponente dei turisti. Fausto Coppi poi andava lì a festeggiare molte vincite di Giri, Tours e di tappa.
Quando nacqui io Attilio era scarno, portava ancora i segni della deportazione in Germania. Insieme a lui furono deportati anche i suoi fratelli Giuseppe (Bepin) e Mario. Si salvò solo Aldo (u piccin) perchè aveva fatto il turno di notte.
Il 16 Giugno 1944 c'era stata una trappola: La San Giorgio, dove lavorava Attilio, fu circondata dai tedeschi e furono rastrellati tutti i lavoratori che, caricati su vagoni porta bestiame, sarebbero stati deportati in Germania; destinazione Mauthausen.
In quel giorno del 16 giugno 1944 il rastrellamento di operai e impiegati interessò molte fabbriche: S.Giorgio, Piaggio, Cantieri Navali Ansaldo e Siac. Era la risposta reazionaria dei fascio-nazisti ai tentati scioperi delle fabbriche di Genova Sestri Ponente e Sampierdarena. Nel primo pomeriggio del 16 giugno 1944 la fabbrica venne accerchiata dalle pattuglie delle S.S. aiutate dai repubblichini. Vennero allora presi molti lavoratori, in totale 1500, che messi insieme furono portati su furgoni a Campi, dove su 2 treni, formati da carri bestiame avvolti di filo spinato, intrapresero un lungo viaggio verso Mauthausen, dove giunsero due giorni dopo: il 18 giugno 1944. Quello fu il viaggio più importante della vita di Attilio e non fu fatto per piacere ma come deportato.
Ricordo ancora quando mio padre diceva: Pensa un po’, se appena arrivati in quel campo di concentramento, si fossero sbagliati ed invece dell’acqua avessero fatto uscire dalle docce il gas? Pensa se avessero collegato i bocchettoni alle bombole di Zyclon B? Non sarei più qua.
-Nemmeno io sarei qua:
rispondevo.
I tedeschi avevano bisogno di manodopera operaia, soprattutto di meccanici per le fabbriche d’armi, e allora dopo una selezione rapida furono tutti smistati per le varie città tedesche. Operai da una parte e impiegati dall'altra. Attilio non serviva, egli era un semplice fattorino e a differenza dei miei zii che erano operai meccanici, rimase nei pressi di quel campo. La sua mansione era picco e pala, ovvero piccone e pala utili a lavorare nella vicina cava di pietra.

Mauthausen era un grazioso villaggio austriaco vicino a Linz nel cuore dell'ampia valle del Danubio. Quella cava di granito di Mauthausen era famosa: da lì si estraevano le pietre, con il lavoro forzato -per conto della ditta Deutsche Erd- und Steinwerke GmbH (Officine Tedesche delle Terre e delle Pietre Società r.l.) chiamata spesso con l'acronimo DEST- che servivano per edificare gli edifici monumentali e di prestigio della Germania nazista. L'importanza di questo Lager, che poi diverrà esclusivamente prigione per lo sterminio dei dissidenti, oppositori del regime ed ebrei, portò alla costruzione di un sottocampo detto di Gusen.

A questo punto mi fa piacere segnalare il diario del genovese Mario Magonio: un deportato che lavorava ai Cantieri Navali Ansaldo di Sestri Ponente. Leggendo quel diario si comprende molto di quanto successe ai deportati. Il diario di guerra di Mario Magonio è stato pubblicato da suo figlio Alberto sul web nel 2002. Cliccando qui potrete leggerlo.
Scrive il figlio Alberto nella presentazione: E' un diario di vita quotidiana, di piccole cose e di grandi sofferenze, non è un romanzo di grandi eroismi, non è un tragedia teatrale, è la storia di un' uomo che, come altri milioni di suoi simili, è stato travolto da una guerra che non ha voluto, che non ha capito e non ha saputo contrastare.
Proprio così. Penso che la stessa cosa riguardi anche mio padre. Nel racconto giornaliero di Mario Magonio ci sono riportate le vicissitudini di tanti sestrini. Nel riquadro finale ci sono elencati dei nomi citati nel diario; di sestrini troviamo i seguenti cognomi: Benatti, Consigliere, Desana, Magliochetti, Murta e Roba. Sicuramente molti sestrini sono stati dimenticati o solo sfiorati dalla evocazione presente nel diario.
Leggendo il diario di Mario Magonio ho un quadro di quanto successe ai miei due zii: Bepin e Mario, due meccanici della San Giorgio- deportati insieme a mio papà. Magonio ad esempio finì in una fabbrica alla periferia di Berlino e assistette all'ingresso dell'Armata Rossa nella città. Anche Bepin e Mario furono mandati come 'lavoratori coatti' in altre fabbriche tedesche.
Io ho avuto l'occasione di di conoscere Mario Magonio in età avanzata: era un uomo piccolo con due occhi attenti e uno spirito sempre pronto alla battuta; so che ha vissuto fino a 100 anni di età. Era nato a Genova nel 1919 ed è morto nel 2009. Appassionato di marionette seguirà nel tempo libero fino alla morte il suo Teatro dei Burattini. Sarà un marionettista e sceneggiatore che riportò in vita la maschera genovese di Baciccia.

Un altro diario sulla deportazione a Mauthausen che tratteggia in presa diretta la bruttura della Seconda Guerra Mondiale e di tutto quello che ne è conseguito è pubblicato dall'editore genovese Chinaski. Il diario è stato scritto dall'operaio genovese Orlando Bianconi che in quel fatidico 16 giugno lavorava come elettricista alla Piaggio di Sestri Ponente. Due narrazioni fatte da due operai che avevano -come scrisse il sindacalista sociologo Paolo Arvati nel commemorare Orlando Bianconi- 'Mestiere, orgoglio professionale, coscienza fiera, indipendenza intellettuale. L’operaio medio genovese è infatti adulto, istruito, ad elevata qualificazione professionale: tratti molto nitidi di un soggetto sociale forte, capace di esprimere autonomamente valori e culture'.

l'11 marzo di quello stesso anno ci fu il bombardamento in via Pola nella val Varenna-sopra Pegli-; quindi poco distante da Sestri Ponente, avvenne che un aereo alleato, un 'piper', sganciò tre bombe per colpire un presidio tedesco che si era installato, in località Tre Ponti, nell’edificio in precedenza occupato dalla scuola. Due bombe colpirono invece un caseggiato procurando la morte di 16 vittime civili, tra questi un bimbo di solo un anno e alcuni feriti gravi. La terza bomba rimase inesplosa e fu fatta brillare alcuni giorni dopo. Questo fatto doloroso fu uno dei più tragici sofferti dalla città di Genova durante la guerra. Mio papà mi parlò spesso di questo aereo che veniva chiamato da tutti 'Pipetto'. Questo aereo girava di notte e per questo bisognava oscurare tutte le finestre. Evidentemente in quel caseggiato colpito qualche luce trapelò all'esterno.
Anche se per me era una cosa non vissuta mio papà spesso mi ripeteva:
'Smortâ a lûxe chi l'arîa Pipetto!'- 'Spegni la luce che arriva Pipetto!'.
Ecco oggi potremo dividerci tra chi ha sentito arrivare Pipetto e chi no!

Seguirà parte nona

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