sabato, agosto 13, 2005

Un Dio come noi

C’è nelle religioni monoteiste un particolare copione che disegna Dio come un vecchio saggio, un dio molto umano dai caratteri molto personali: un puro spirito molto carnale; insomma, uno come noi.
Buona parte del copione è dovuto alla Bibbia dove c’è un Dio che dopo aver dato dimostrazione di creatività, di onnipotenza, si comporta come un uomo rancoroso, vendicativo e molto vanitoso. Questo è il Dio soprattutto dell’Antico Testamento, ossia nella prima parte della Bibbia, per poi diventare con il Nuovo Testamento un uomo a tutti gli effetti e così dimostrarsi nell’amore per il prossimo, nelle attività manuali e intellettive un superuomo; insomma, uno diverso. Uno, insieme Figlio e Padre.
Per gli ebrei Dio rimane quello della prima parte della Bibbia, per i cattolici diviene un’altra entità, mentre per i musulmani cambia ancora: è una grandezza onnipotente, misteriosa e misericordiosa, non conoscibile dalla limitatezza degli uomini.
Poi per gli islamici Dio non è Padre; anche per il racconto della Genesi in cui si dice che Abramo, su istigazione di Sara, unica moglie legittima da cui alla fine ebbe il figlio Isacco, cacciò via nel deserto, Ismaele e sua madre, la schiava Agar, da cui aveva avuto quel primo figlio. Gli arabi sono ritenuti, a torto o a ragione, discendenti di Ismaele, e perciò sono stati chiamati, anche se i termini sono ora quasi in disuso, ismailiti o agareni, termini che si sono estesi a indicare tutti i seguaci della religione islamica. Dio non come Padre, perché Abramo non era stato padre fino in fondo. Allora qualcuno sostiene: come non essere violenti, senza un Padre? Sarà vero che nei musulmani si siano accumulate la rabbia e il risentimento di un figlio che non si sente figlio?
Ma Fromm avanzava l’idea di come, con la difficoltà di amarsi tra loro, gli uomini abbiano pensato di amare Dio. L’uomo ha antropomorfizzato la figura di Dio: “Fate di Dio il vostro alleato” significa far di Dio un socio negli affari, anziché diventare un’unica cosa con Lui nell’amore, nella giustizia, nella verità.
Così, per Fromm, Dio è stato trasformato in un remoto direttore generale dell’universo; si sa che c’è, che dirige la scena, non lo si vede mai, ma si sente la sua guida mentre “ si recita la propria parte”.
Sarà allora che quando diciamo ’poveri noi’, forse intendiamo ‘povero Dio’?

Nessun commento: