mercoledì, luglio 19, 2006

Terroristi

- Cosa vuol dire terroristi? Quello che chiami terrorismo è la guerra di chi non ha eserciti, non ha armi potenti o sofisticate; è la guerra di chi ha conosciuto per primo il terrore di quei soldati cosiddetti regolari, con le divise, che uccide al pari e più di noi.
Puoi chiamarci disperati, vigliacchi, crudeli, inumani, ma questa è la guerra. Questo è il modo di lenire l’odio profondo che abbiamo coltivato nel vedere morire i nostri figli, madri e fratelli. Io sono sicuro che se anche tu fossi nato in certi posti, non ti saresti posto il problema di uccidere e morire; tutto è relativo a come e dove vivi…
Così mi parla il palestinese. Io non riesco ancora a comprenderlo. Rispondo così:
- Anche noi in Italia abbiamo avuto il terrorismo: era una frangia che pensava di cambiare la nostra società con la paura e uccidendo personaggi simbolo del sistema che volevano abbattere. Si sarebbe fatta la rivoluzione…pensavano di liberare gli oppressi; pensa, dicevano proprio così. Con il terrore pensavano di costruire una società diversa. Te lo immagini però un ministro di Grazia e Giustizia come Curcio o Moretti, a dispensare sentenze di morte? Li abbiamo sconfitti. Sono stati vinti dalla compattezza del nostro popolo e della superiorità della morale che si è opposta a quegli assassini. Ricordo i figli di Vittorio Bachelet che perdonarono, di fronte alla bara del loro papà, gli uccisori. Pensa, uccisero un uomo cui loro non ‘erano degni di allacciargli neppure i calzari’: per dirla con le Sacre Scritture. Gli italiani amano la pace, il dialogo e finalmente hanno acquisito la coscienza di non delegare a qualcun altro le scelte e il proprio destino: la responsabilità è sempre individuale. Il dialogo e il perseguimento della pace aiutano sempre a costruire il futuro per tutti.
- Tu dici questo perché il tuo futuro non è morire e soggiacere ad uno straniero, ad una cultura e una lingua che non riconosci tua. Come combatti contro questi invasori che portano la divisa di un altro paese? Noi abbiamo la speranza che il nostro agire, limitato e individuale, diventi di tutto il popolo. Ecco che a quel punto, la storia insegna, quel terrorismo di popolo sconfiggerà chi calpesta da straniero il suo suolo. L’invasore ha già perso.
Il palestinese è perentorio.
Posso a questo punto citare Gandhi, la sua grandezza morale con cui è riuscito, aborrendo la violenza, liberare l’India. Posso ricordare l’imperativo del rispetto della vita umana, qualunque essa sia: il precetto di ogni religione e ogni Dio. Ma il palestinese non ascolta più. Altre bombe stanno zittendo le nostre voci, zittiscono anche pensieri ‘alti’. Oggi per lui è tempo di morire, tempo di odio…eppure fra un po’ si capirà che non vincerà nessuno: non vincerà né lui, né gli altri. Forse vincerà un bambino portato via di lì, ed educato nell’amore, all’amore.

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