venerdì, giugno 15, 2007

Le cose dell'amore

‘Le cose dell’amore’ è il titolo di un libro di Umberto Galimberti uscito nel 2004. Nell’introduzione l’autore scrive: ‘Non c'è parola più equivoca di ‘amore’ e più intrecciata a tutte quelle altre parole che, per la logica, sono la sua negazione. Nasce dall'idealizzazione della persona amata di cui ci innamoriamo per un incantesimo della fantasia, ma poi il tempo, che gioca a favore della realtà, produce il disincanto e tramuta l'amore in un affetto privo di passione o nell'amarezza della disillusione’.
Nel suo libro ‘Le cose dell’amore’ Umberto Galimberti dice che l’amore misura il senso della vita, e nell’attuale società è rimasto solo lo spazio dell’amore per cercare di essere se stesso al di là dei ruoli e quindi la propria autenticità e individuazione. In un mondo frammentato e anonimo l’amore ci fa attori del nostro destino. Nell’età della tecnica, Umberto Galimberti afferma così che ci è rimasta la relazione amorosa per ritrovare la nostra identità e realizzazione…dimentica il filosofo scrittore che l’amore rimane un modo di relazione simile ad una ‘coazione a ripetere’.
Egli aggiunge anche che: ‘Amore è piuttosto l'espropriazione della soggettività, è l'essere trascinato del soggetto oltre la sua identità, è il suo concedersi a questo trascinamento, perché solo l'altro può liberarci dal peso di una soggettività che non sa che fare di se stessa’. Questo è un punto cruciale del vissuto odierno.
Perché noi occidentali crediamo nelle stelle e negli oroscopi? Se dalle stelle riceviamo un destino che ci rende inconfondibili, singoli, ovvero ‘soli’; ecco che iniziamo a ruotare ognuno attorno ad un ‘tu’. Così accade l’amore, senza che ci possa essere comprensione: come un miracolo inesplorabile, ognuno è assoluto per l’altro…poi succederà che quel qualcuno non c’è mai stato. Neppure quando lo si è abbracciato forte. L’altro che ci concede di avvinghiarci a lui non per possederlo, ma per permetterci di perderci nella nostra follia e di riprenderci, con l’esperienza di una morte rappresentata dall’orgasmo, alla rinascita. Così l’altro ci aiuta a risalire dalle profondità di noi stessi. Dopo ogni atto d’amore, non siamo più.
Così scopriremo che è del vuoto che ci si innamora, non del pieno, perché l’amore è trascendenza e non simbiotico rapporto a due. Nessuno ama l’altro, ma ognuno ama ciò che ha creato con la materia dell’altro.
Conclude Umberto Galimberti: "Ogni storia d'amore mette a nudo la natura della nostra anima, che si affida al linguaggio per esprimere il malanimo, l'invidia, la gelosia, i baci avvelenati dall'odio, la tenerezza simulata al punto da sembrar vera, la consapevolezza di conoscere i reciproci segreti: tutti anelli di quella pesante catena che attorciglia la nostra anima nelle trame che solo il linguaggio sa tessere. Forse, dietro alla vita a due non v'è nulla, e questo nulla che si cela suscita quella curiosità infinita che fa di ognuno di noi un instancabile cercatore di amore, quasi sempre immemore che ogni evento d'amore è sempre decretato dal cielo."

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