Ancora sulla Cultura
Dopo la lettura del libro di Marco Aime Cultura, la riflessione su ciò che caratterizza la nostra vita sociale continua.
P. Chauchard dice: 'L'originalità biologica fondamentale dell'uomo è il linguaggio e non il pensiero che da esso deriva'. Il pensiero è infatti l'immagine che costruiamo con le parole. Con la parola soggettiviamo l'oggettivo; con essa si suggerisce, si ordina, si domanda e si prega. La parola diventa potere. L'uomo così immerso nella sua costruzione ne diventa lui stesso prodotto: il prodotto della sua idea. Dal penso quindi sono, al sono quel che penso.
E' impossibile immaginare la vita senza il continuo scambio di messaggi tra uomo e uomo, tra uomo e cose, tra uomo e ambiente. In questo ambito percepiamo la vita e lo scorrere del tempo. Il nostro essere è così perso in un sistema infinito di rapporti. L'essere così non è il Sè, ma ciò che ansiosamente si idealizza nell'esperienza del pensiero e della relazione.
Come vediamo il linguaggio interpreta e costruisce la realtà. Parafrasando il paradosso di Wittengstein, si può dire che non si può negare una cosa che non c'è.
Il linguaggio raggiunge, con la parola, la più grande forma di condizionamento. Per Kant la capacità di illusione è dovuta alla primordiale potenza della parola. "Un lungo cammino è stato necessario affinché gli uomini capissero che le espressioni verbali, i 'flatus vocis' non è detto che siano una realtà". Ancora oggi non si è modificata la sopravvivenza della superstizione. La parola costruisce insieme l'oggetto della fobia e il pensiero, la malattia e la cura, la prigione e la libertà.
La lingua che uso è anche strumento del mio intimo dialogo e pervade tutto il mio essere. Il sentire è legato alla lingua: questi fonemi costituiscono il mio sapere. La mia parola è la lingua. La cultura diventa così l'attrezzatura al mantenimento della vita. Così tutto diventa naturale e la cultura strumento biologico. Così ci dividiamo in tedeschi, italiani, in arabi e americani, così ci uniamo e diventiamo unici.
La stessa psicologia non la si può immaginare senza un linguaggio; parole come: psichiatria, psicopatologia, psicosi psicoterapia, psicoanalisi ecc. sono parole nuove nate con gli studiosi, con lo spirito accademico e sono entrate nel nostro parlare. Segnano uno spirito del tempo che riflette la vita.
Lo sviluppo del linguaggio ha avuto nel XX secolo una forte accelerazione: impadronendoci dei termini, delle espressioni verbali, abbiamo creato una sottile catena che ci lega alla psiche e trasforma l'anima. Si, si può dire che il linguaggio fa l'anima e permette l'evoluzione culturale.
Dal termine coltura derivato dalle società contadine e arcaiche, viene mutuato il termine: cultura. La capacità di intervenire nella crescita naturale delle cose della terra e di selezionare alcune piante invece di altre, di arare, di ordinare i campi, in contrapposizione al selvaggio, discende la cultura dell'ordinato, delle regole sociali e civili. La cultura, si può dire, diviene l'elemento di coltura della nostra prigione.
In "Simbolo e Codice" F: Fornari così scrive:"La cultura agricola, attraverso il codice che manipola gli accoppiamenti (le morti), si è sovrapposta ai codici genetici che hanno promosso la vita sul nostro pianeta, orientandoli in funzione dell'antropocentrismo. Essa si è però trovata a manipolare oggetti naturali stabilendo delle relazioni nuove tra dati precostituiti dalla natura. La nascita del simbolo ha permesso all'uomo di stabilire relazioni nuove e indefinite tra dati precostituiti da lui stesso in modo arbitrario. Ciò fa del rapporto tra i simboli e i loro referenti, il problema cruciale della nostra cultura: problema disperante se si tiene conto del fatto che lo stesso costituirsi dei simboli ha due livelli: uno affettivo, privato e ideologico, precostituito dalla natura, e uno operativo, totalmente sottoposto alla discrezionalità umana che si svincola dalla natura; facendo quindi coincidere ciò che è naturale con ciò che è privato e ideologico. La costituzione del simbolo ha in sé la possibilità di portare l'uomo a negare la sua dipendenza dalla natura, sovrapponendo ad essa una specie di onnipotenza della cultura".
Fornari, si sofferma poi, nel libro citato, sul consenso che con la costruzione di un codice culturale, -quale passaggio obbligato per arrivare dal Caos al Nomos- si passa dal disordine alla norma.
L'uomo-idea, ha modificato senz'altro i rapporti uomo-coscienza, uomo-uomo, uomo-natura, uomo-società; ha legato un pezzo della sua storia individuale alla storia collettiva. Ha legato il sé a uno schema o modello di Progresso-Tradizione. Dallo scontro di questi due modelli nasce l'ideologia. Tra Tradizione e Progresso c'è la stessa dialettica che c'è tra l'Essere ed il Divenire.
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