Dopo due precedenti scritti più brevi, Luigi Fasce, per anni psicologo-psicoanalista, offre con questo libro la sintesi del proprio pensiero politico, della propria visione del mondo. Lo fa in modo corrispondente al proprio carattere, con passione, energia, ottimismo.
Nel testo vi è addirittura "troppo": analisi di posizioni politiche, definizioni di termini, brevi notazioni storiche su decenni di vicende italiane, discussione sul ruolo degli organismi internazionali. La bibliografia è ampia e va dalla storia alla politologia, dalla psicoanalisi (in particolare Erich Fromm) alla ecologia, dall'economia al diritto.
Possiamo, schematicamente, dividere le duecento pagine in tre parti:
1) la distinzione fra destra e sinistra, alla ricerca di una "rosa di valori" che le contraddistingua (chiaro il riferimento a Norberto Bobbio). La rassegna delle ideologie politiche (e anche la loro crisi) è articolata negli spazi di destra (autoritarismo, liberismo, uso della violenza...) e sinistra (eguaglianza, attuazione della Carta costituzionale, scelte ambientali...). E' qui inserito l'indiscutibile valore della laicità.
2) La centralità del tema del lavoro per una "società diversamente ricca" (è chiaro il richiamo ad una espressione di Riccardo Lombardi, altro riferimento di Fasce). Il lavoro è al centro della Costituzione e base per una repubblica "liberaldemocratica".
3) L'apertura del discorso alla realtà internazionale. Il nemico peggiore è il neoliberismo che deve essere superato da una politica di riforme, con forte connotazione ecologica.
I riferimenti che compaiono nel testo sono in particolare: - il manifesto del liberalsocialismo (1941) di Calogero e Capitini, i due nomi ai quali è intestato il circolo culturale di cui l'autore è presidente - il manifesto di Ventotene alla base dell'idea europea - il documento del congresso di Bad Godesberg (1959) del Partito socialdemocratico tedesco.
Il neoliberismo è declinato nei suoi atti, nella sua ideologia, nelle conseguenze nefaste sullo stato sociale e sull'ecologia:
- privatizzazione delle banche e delle imprese di interesse pubblico. L'esempio più chiaro è la "privatizzazione" della Banca d'Italia, una delle cause delle difficoltà economico - sociali del nostro paese.
- cancellazione dei vincoli di movimento di denaro, merci e manodopera. Ognuno ricorda i timori per l'iniziativa sulla Tobin tax, piccolo vincolo alle transazioni finanziarie, giudicato insostenibile dal potere economico. La circolazione della manodopera produce tutte le contraddizioni (razzismo, scontro fra etnie, crescita della guerra tra i poveri...) che vivono le società di capitalismo sviluppato.
- cancellazione dell'intervento pubblico in economia, considerato parassitario e nemico della "libera concorrenza".
- soppressione progressiva dello stato sociale.
- cancellazione di ogni vincolo di tutela ambientale.
A questa deriva l'autore contrappone una "terza via ad alta intensità socialdemocratica" e soprattutto il riferimento a Olof Palme e al suo progetto (il piano Meidner), interrotto dalla tragica morte e basato sulla cogestione e con la possibilità da parte dei lavoratori di comprare azioni in borsa e diventare azionisti di riferimento "golden Share" delle imprese e sull'uso di parte dei profitti per fini sociali.
Ancora l'attuazione della Costituzione, vero riferimento per la sinistra.
Mi permetto alcune considerazioni che spero servano per una maggiore discussione e per mettere in luce posizioni e matrici, anche diverse, che possono convergere sulle grandi attuali emergenze.
1) Fasce usa il termine comunismo partendo da un giudizio sul comunismo storico novecentesco e sulle esperienze di "socialismo reale" (dall'URSS all'Europa dell'est, dalla Cina alla Corea del nord).
Credo, non da oggi, che occorra sempre distinguere tra la deriva del movimento comunista e le sue origini ed i suoi principi, forse ancora sulle sue potenzialità.
Continuo a pensare alla funzione epocale della rivoluzione sovietica, durante il macello della prima guerra mondiale, prodotta da contrasti inter-imperialistici e dal cedimento della socialdemocrazia, a figure come Rosa Luxemburg, alla riflessione preziosa di Gramsci, ai movimenti anticoloniali ed antimperialistici, al Che, grande non solamente per il sacrificio, ma per le posizioni internazionaliste e antiburocratiche, a tanti pensatori del "marxismo occidentale", alla riflessione, purtroppo tardiva, avvenuta dopo la sconfitta, di Trotskij, a tanti autori cancellati, a milioni e milioni di militanti per cui il comunismo è stata la più grande speranza laica della storia.
2) La socialdemocrazia è non solamente quella di Palme o di Brandt. A parte il peccato originale dell'aver accettato la guerra mondiale ed in alcuni casi anche il colonialismo, ed il fatto che quella italiana sia stata la peggiore a livello europeo, anch'essa vive difficoltà profonde.
In Grecia, le scelte del PASOK sono attualmente tra le cause della crisi frontale del paese, in Francia mai un presidente è stato impopolare quanto Hollande, la politica del governo produce uno spostamento a destra che fa crescere esponenzialmente Sarkozy e LePen, la socialdemocrazia tedesca governa con la Democrazia cristiana della presidente Merkel, i governi Zapatero, in Spagna, hanno bene operato sulle libertà civili, ma sono stati incapaci di affrontare le questioni sociali (disoccupazione, povertà, migrazione). I governi socialisti in Portogallo vedono un bilancio negativo, il laburismo inglese ha continuato, nonostante le teorizzazioni blairiane della "terza via", le politiche liberiste.
Anche la socialdemocrazia nordica che ha indubbi meriti storici nella attuazione dello stato sociale, vive una non contingente crisi di prospettiva.
Le stesse forze ecologiste, negli anni '80, viste come innovatrici e capaci di modificare il quadro politico, vivono difficoltà non episodiche, non avendo mai saputo superare l'equivoco del "né di destra né di sinistra", cosa che ha significato incomprensione delle grandi questioni sociali ed anche accettazione delle guerre neocoloniali degli ultimi decenni.
3) L'ONU. Importante il suo ruolo, fondamentali alcuni testi (la Dichiarazione dei diritti dell'uomo), significative le sue strutture (Unesco, Unicef, FAO, OIL) nate nello spirito propositivo del dopoguerra. Occorre, però, guardare alla realtà concreta, soprattutto del periodo post 1989 (crollo dell'est). La mancanza di un equilibrio nella realtà internazionale ha portato alla egemonia di un solo paese, al peggioramento delle garanzie sociali conquistate nei decenni, a guerre "democratiche ed umanitarie", al depotenziamento delle strutture sopra ricordate (pensiamo ad un continente come l'Africa). L'America latina e il BRICS, con tutte le sue contraddizioni possono costituire una alternativa o almeno elemento di correzione delle peggiori storture, ma resta il problema di un'ONU dei popoli e non strumento di potenza di uno o più paesi che applicano le ricette della Banca mondiale (anch'essa nata con altra finalità), del Fondo Monetario, dell'Organizzazione per il commercio.
4) La Costituzione italiana, vero cardine e bussola dello scritto di Fasce. Non a caso, Raniero La Valle, in "Quel nostro '900", vede in essa e nella Carta dell'ONU il rovesciamento delle logiche della storia passata per l'introduzione del concetto di eguaglianza, per il ripudio della guerra, per la sovranità attribuita ai cittadini.
Questo spirito del dopoguerra: è stato cancellato già negli anni immediatamente successivi. Non a caso l'attuazione di alcuni principi è stata rimandata per anni e si è creata la dicotomia fra Costituzione scritta e attuata (praticata).
Non a caso, la "via italiana al socialismo", teorizzata all'8° congresso del PCI (1956) era centrata proprio sulla attuazione della Costituzione, impedita dalle forze conservatrici.
- è ancora maggiormente sotto attacco oggi, per l'insofferenza di tante forze politiche, perché considerata ostacolo all'"innovazione", perché passano le formule del "meno stato", "lo vuole l'Europa", perché viviamo un progressivo appannamento del sentire sociale, perché prevale un modello basato sulla semplice crescita quantitativa, perché aumentano le diseguaglianze sociali.
L'attuazione
Nel 1954 il professor Balladore Pallieri (Università Cattolica) si chiede quale attuazione abbia avuto la Carta costituzionale e risponde tristemente: "nessuna". La paralisi ha avvolto i punti qualificanti (CSM, regioni, CNEL; Corte costituzionale, referendum), i diritti di libertà non sono più garantiti che in precedenza, nessun
passo in avanti è avvenuto per i diritti sociali.
Nel decennale della Liberazione, Piero Calamandrei scrive che la Costituzione non è attuata, che si è assistito alla restaurazione dei vecchi ordinamenti, che il regime esistente è del tutto diverso da quello voluto dai costituenti.
Nel 1958, Lelio Basso, nel suo "Il principe senza scettro", esamina la nascita della Costituzione, le forme della sovranità popolare il ruolo dei partiti ma lamenta la continuità della legislazione fascista, le inadempienze, il ruolo conservatore della magistratura, il sottogoverno, il "regime" democristiano.
Ricorda come, sull'Assemblea costituente, abbia pesato il mutamento, in peggio, del quadro politico nazionale e internazionale fra il 1946 e il 1947 e come le norme siano sempre espressione di rapporti di forze.
Cita Ferdinand Lassalle, nel suo discorso sulla Costituzione: Le questioni istituzionali non sono originariamente questioni di diritto, ma questioni di forza; la costituzione reale di un paese consiste soltanto nei rapporti effettivi delle forze in esso operanti: le costituzioni scritte hanno valore e durata solo quando sono l'esatta espressione dei reali rapporti esistenti tra le forze del paese.
E continua riferendosi all'analisi di Marx ne "Le lotte di classe in Francia" sulla Costituzione francese del 1848: La Costituzione era stata eletta quando era ancora vivo lo slancio rivoluzionario del febbraio e se anche il fervore democratico s'era attenuato durante il periodo dei suoi lavori, com'è accaduto alla Costituente italiana, tuttavia la Costituzione rimaneva pur sempre la più avanzata di quei tempi. Ma l'Assemblea nazionale, eletta dopo l'entrata in vigore della Costituzione, aveva segnato un ritorno offensivo dei ceti conservatori e non si era sentita affatto vincolata alla Costituzione...
Mutato il rapporto delle forze sociali e politiche nel paese, spostato più a destra l'indirizzo delle forze dirigenti, ridotta al silenzio l'opposizione operaia, lo Stato francese veniva necessariamente assumendo una fisionomia diversa da quella che i costituenti avevano sperato. Abbiamo avuto in Italia lo stesso arretramento dalla Resistenza alla Costituente, dalla Costituente al parlamento successivo. Alla Costituzione scritta è venuta sostituendosi una Costituzione di fatto assai diversa.
Mi auguro che questo schema e queste osservazioni possano essere utili per una discussione sui temi che il libro di Luigi Fasce porta all'attenzione di tutti.
1 commento:
Ringrazio per la corposa presentazione di Sergio Dalmasso, una sola replica, di fronte ai tanti illustri critici della Costituzione "mancata" con la quale si aspettavano di vedere realizzata la via italiana al socialismo, e pur tuttavia la Costituzione è stata la stella polare dei diritti civili e sociali, ha definito il modello di economa mista con finalita sociali di cui al titolo terzo rapporti economici che ha consentito daparte del potere pubblico di gestire vere politiche industriali, agire sulla leva monetaria, mediante l'IRI avere imprese, servizi di trasporti e di comunicazione, così come banche di pubblico interesse, nazionalizzare l'energia elettrica e attuare leggi a tutela dei lavoratori (legge 300 statuto dei lavoratori), riforma della scuola, sanità, divorzio aborto, legge Basaglia ospedali psichiatrici, ecc. Insomma avercela ancora in funzione dopo gli stravolgimenti dovuti all'assuefazione del totalitarismo neoliberista avvenuto nei primi anni 90 tanto dai governi dell'Ulivo interpreti della "terza via" blairiana (neoliberismo inbellettato) e poi governi di centrodestra fino a Monti Letta el'attuale Renzi. Luigi Fasce
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