sabato, febbraio 28, 2015

Il libro Mein Kampf di Adolf Hitler

Ho terminato di leggere con molta fatica il libro Mein Kampf di Adolf Hitler. Il libro illustra l'ideologia sviluppata da Adolf Hitler durante la prigionia del 1924, dopo il fallito colpo di Stato a Monaco. La prima considerazione che traggo è che Hitler fu dal punto di vista politico una persona che seppe fiutare la società tedesca; seppe leggere i sentimenti di rivalsa del popolo: la crisi del dopoguerra in Germania, dopo le penalizzanti condizioni impostegli dal trattato di Versailles e con le conseguenti spinte d'orgoglio nazionale. In quegli anni Adolf Hitler da uomo emarginato seppe elaborare un programma politico che, da denuncia, Quattro anni e mezzo di lotta contro menzogna, stupidità e codardia (titolo originario dell'opera) divenne La mia battaglia- traduzione del titolo Mein Kampf dato poi dall'editore Max Amann.
Non so quanti abbiano letto quel libro alla pubblicazione di allora, comunque da abile politico scrisse che non erano tanto importanti gli scritti, i libri; si era appena svolta la più grande rivoluzione del secolo, quella bolscevica in Russia e questa non era dovuta agli scritti di Lenin, ma all'attività oratoria predicatrice di odio, di innumerevoli grandi e piccoli apostoli provocatori... (pag.54)- Nessuno del popolo russo per la maggioranza analfabeta aveva letto Carlo Marx, ma esso fu entusiasmato dalle promesse di felicità fatte al popolo da migliaia di agitatori al servizio di un'idea. Fu sempre così, e sempre così sarà: così conclude il ragionamento Hitler e con questo lui diverrà un grande agitatore politico.
Ad ogni modo dopo l'ascesa al potere di Hitler del libro Mein Kampf se ne stamparono milioni di copie e fu donato un libro a tutte le coppie che si sposarono durante il Terzo Reich.
A proposito di Hitler agitatore, negli anni prima della Grande Guerra (1914-1918), lui aveva imparato la lezione di agitatore con l'apporto di maestri del tipo Adolf Lanz von Liebenfels, noto anche come Jörg Lanz – che può essere ritenuto come l'ideale ispiratore della concezione mistico-religiosa di matrice neopagana del III Reich- e di Karl Lueger (politico austriaco e sindaco di Vienna, conosciuto per le sue politiche antisemite e razziste).
Nel libro Mein Kampf vengono raccolti tutti i sentimenti di riscatto del popolo tedesco che per Adolf Hitler è umiliato e tradito dalla borghesia soggiogata da Karl Marx, in accordo con la centrale ebraica mondiale.
L'inizio è una analisi di tutto quanto sarà il succo ideologico di ciò che perseguirà la dittatura nazista e che porterà il XX secolo a vivere una delle tragedie più grandi della storia dell'umanità...quell'umanità che secondo i dettami di Hitler avrebbe dovuto soggiacere alla nazione germanica, erede di Ario e portatrice della Civiltà superiore.
E' proprio nel suo vedere e credere nella razza germanica l'assegnataria del compito e il destino di dominare il mondo formato da esseri inferiori, il presupposto della sua ascesa politica e conseguente sconfitta.
Il libro segue una lucida progressione di spiegazione del programma da attuare. Dopo gli annunci della razza quale portatrice di qualità creatrici, per cui quella dei Germani -definita erroneamente come barbara dai romani- era sonnecchiante per via del clima nordico, ma raggiunto le terre miti ecco che avrebbe prodotto una splendida fioritura, come avvenne, per esempio, ai Greci. Di più i discendenti di Ario avrebbero governato il mondo.
Imperativo primario era allora salvaguardare la razza da possibili contaminazioni del sangue.
'In generale, già la Natura prende certe decisioni ed apporta certi emendamenti nel problema della purezza di razza di creature terrestri. Essa ama poco i bastardi. Soprattutto i primi prodotti di incroci, per esempio nella terza, quarta, quinta generazione, debbono soffrire amaramente: non solo sono privi del valore proprio del più nobile fra i primitivi elementi dell'incrocio, ma, mancando loro l'unità del sangue, manca pure l'unità del volere e della forza di decisione, necessaria alla vita.
In tutti i momenti critici, in cui l'essere di razza pura prende decisioni giuste ed unitarie, l'essere di razza mista diventa esitante e prende mezze misure. Ciò significa una certa inferiorità della creatura di razza mista di fronte a quella di razza unitaria, e nella pratica include anche la possibilità di un rapido tramonto. In casi innumerevoli la razza tiene duro, mentre il bastardo crolla. In ciò si deve ravvisare la correzione della Natura; la quale spesso va ancor più lontano. Essa limita le possibilità di propagazione: sopprime la fecondità di ulteriori incroci e li spinge all'estinzione.'
. Così si legge a pag.18.
Insomma viene chiarita tutta l'ossessione che Hitler ha verso i giudaico-marxisti. Il vero nemico da abbattere sono loro: gli inquinatori del sangue germano. Gli ebrei e i marxisti vengono considerati alla stregua di una stessa forza nemica. Queste due razze-genie rappresentavano la disgregazione della nazione tedesca e dell'intera umanità. Il governo oscuro dell'economia ebraica e l'internazionalismo marxista che voleva unire in un unico popolo operai e sfruttati erano i nemici da sconfiggere con ogni mezzo.
A questo punto è salutare sapere che il Terzo Reich fu poi abbattuto dai sottouomini russi e dal popolo più bastardo della Terra: gli statunitensi. Nota a margine della lettura
La conclusione del libro è composta dall'analisi e dalla strategia per arrivare ad estendere il territorio del popolo tedesco come un giusto riconoscimento alla sua grandezza e per la possibilità di esprimere il corretto potenziale di affermazione sui vicini popoli. Non si ha bisogno quindi di Stati ma di una Nazione che preserva e contenga tutta la cultura superiore degli ariani.

Qui potrete leggere l'edizione Bompiani del 1940.

Questa l'avvertenza dell'editore italiano al libro:
Il «Mein Kampf» (La mia lotta) di Adolfo Hitler è un'opera che nel testo tedesco conta circa ottocento pagine molto fitte. Da questo fatto, e dal l'altro che la lingua tedesca è assai più sintetica dell'italiana, risulta che la traduzione integrale avrebbe formato un volume d'un migliaio di pagine. Un volume di tanta mole non è idoneo a quella vasta diffusione che me rita un'opera esponente il pensiero e lo spirito che informano la Germania moderna. Senonchè, Hitler stesso divise il suo libro in due parti nettamente distinte, che chiamò volume primo e volume secondo, sebbene la numerazione delle pagine sia continua, dalla prima del primo volume all'ultima del secondo.
Intitolò il primo: «Resoconto», perché in esso narra la propria vita ed espone la sua attività iniziale di uomo politico; intitolò l'altro «Il movimento nazional-socialista », e in questo trattò (sono sue parole) «gli scopi e i compiti del movimento, le su e basi programmatiche, l'idea e il fondamento dello Stato nazionale».

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