mercoledì, luglio 16, 2003

Soggezioni

La ricchezza una volta dava soggezione soprattutto a chi era nato e cresciuto povero. Una volta si consideravano le fortune come segno di una predilezione celeste, come frutto di capacità superiori. Si ammiravano per quelle ricchezze possedute i loro beneficiari. La soggezione poi era diffusa per l'autorità in genere; mio padre arrivava a temere persino "quellu du gazzu", il controllore del gas che veniva a prendere la numerazione del contatore e all'epoca portava una divisa e cappello con visiera da apparire un graduato militare. Questa soggezione era inculcata dai genitori e conteneva un arcaico rispetto verso quello che era considerato "superiore".
Oggi questa soggezione fa sorridere. La diffusione del benessere accompagnata ad una crescita culturale e ad una maggiore consapevolezza, ha trasformato la soggezione in relazioni alla pari.
Oggi diversamente, si pensa che le grandi ricchezze accumulate siano dovute più a ladrocini e truffe che ad altro; se poi si guardano i possessori di queste enormi ricchezze non c'è proprio da provare né invidia né soggezione. E' una categoria molto eterogenea che comprende molti figuri il cui dato caratteristico in maggioranza non è certo la signorilità o il buon gusto.
Poi se si pensa quanta ignoranza e poca felicità ci sia tra i possessori di queste ricchezze, quanto più preziosa sia la conoscenza di sè e della vita, allora la soggezione non deve essere certo più nostra.
Poi se si pensa che Cristo venne in Terra per condannare la morale che faceva ritenere la povertà come una maledizione e una malattia contagiosa, allora la soggezione ecco che vola via.
Certo però che le persone che riescono ad accumulare ricchezze miliardarie per il lavoro alacre, per il loro gran d'affare, ci servono: abbiamo bisogno di questi pionieri della fisicità, del possesso quale compendio agli ultimi della terra, dove pietà e vergogna muovono gli animi. Abbiamo bisogno dei ricchi e potenti per disegnare i limiti e anche i massimi di quanto l'uomo può arrivare con l'appetito, l'egoismo, l'avidità; quanto potere si può avere e desiderare. Infatti, questi uomini, lavorano come noi alacremente per l'immortalità; lavorano per gli eredi, per la stirpe e in un certo senso anche per noi. Accumulano, si dice "fortune" che si traducono, si spera, in lavoro, in nuove creazioni. Ecco allora che i ricchi, i tanto ricchi, svolgono una funzione sociale utile a far progredire tutti...Così si dice. Così si pensa…Ma poi sarà vero che abbiamo bisogno di questi pionieri? A guardare com'è distribuita la miseria e la ricchezza sopraggiungono i dubbi: non sarà che i cristiani abbiano sbagliato tutto? Non sarà che quelle crune d'ago così difficili da oltrepassare siano una invenzione per non farci arricchire? Non sarà allora la soggezione un modo per tenerci lontani? Per perderla veramente ci dobbiamo allora per forza arricchire anche noi?

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