giovedì, agosto 07, 2003


Filosofia del bagnasciuga


L'estate è iniziata. Arriva al mare con palletta, secchiello, formine, braccioli, squalo di gomma, Big Jim, pistola ad acqua, pallone e disgraziatamente con la mamma e il papà: è il bimbo da spiaggia che fa l'animazione. L'urlo di gioia del bambino è però soffocato dai genitori. "Attento Paolino, vieni qui!". "Non bagnarti!; "Attento a non buttare la sabbia al signore"; "Non muoverti"; "Te lo dico per l'ultima volta. Guarda che andiamo via!". Magari, pensano tutti gli avventori appostati nelle vicinanze. "Guarda qui, guarda che bello, c'è il secchiello, ora ti prendo l'acqua"; "Guarda quel bimbo che bravo!". Questo è il papà un po’ più conciliante, diplomatico. Intanto il bimbo è smarrito nei suoi pensieri, tra i corpi nudi e immobili e dalla sua principale attrazione: il bagnasciuga.
Il bagnasciuga è misteriosamente il posto più ambito; è il più affollato e la conquista sta nel mettere i piedi a bagno. Chissà, penso, forse proprio qui lo scimmione nostro antenato, scendendo dall'albero si fermò verso sera a guardare la luna e le stelle. Questo limite tra terra e mare deve essere il luogo della nascita. Eravamo anfibi, foche, leoni marini, poi le pinne per alcuni diventarono ali e per noi braccia con all'estremità la radice delle mani. Radice degli u-mani. Sicché l'anello mancante tra lo scimmione e l'uomo siamo noi, sono i bambini che vogliono tornare a mirare il mare-madre…ma non quella che continua a gridare: "Paolino, vieni via di lì".
(scritto pubblicatomi da Il SecoloXIX qualche anno fa, ma oggi con il blog l'ho riscoperto)

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