sabato, marzo 06, 2004

Agata e la tempesta…di femminilità


di Elisabetta Pagani

Le mie lodi all’humor inglese hanno solleticato alcuni lettori della mia precedente recensione che mi hanno accusata di essere troppo dura con la commedia italiana. Chiedo venia e, con piena soddisfazione, ammetto che nel panorama italiano abbiamo anche ottimi registi e sceneggiatori, soprattutto fra i giovani, che fanno sorridere e divertire senza il quadrinomio latino di cui parlavo. Non poteva sfuggirmi, e ve lo consiglio, “Agata e la tempesta” di Silvio Soldini con Licia Maglietta, musa ispiratrice, che già ci aveva deliziato in “Pane e tulipani”. Chiudete gli occhi e immaginate una donna, non più giovane, che appare naturalmente invecchiata all’inizio del film: viso leggermente cadente, qualche accenno di ruga e una pienezza non tonica; gradatamente, nel corso della storia, la vedrete rifiorire per quella alchimia segreta che è l’innamoramento. Agata riempie la scena: i suoi sorrisi, le sue paure, le sue metafisiche calamità, la sua sensualità di donna non liftata, carnale e passionale ci trascinano all’interno di una trama ben costruita, in una narrazione tra l’ironico e il farsesco, con tutti gli ingredienti di una storia vera. E, proprio perché vera, anche drammatica. Fratelli che si incontrano e si perdono per la naturale leggerezza della vita, amanti che non possono lasciarsi e coniugi che scivolano nell’oblio. Padri che si uniscono ai figli e colleghi che si cercano. E poi Genova con i suoi colori e la campagna emiliana che non si scorda più. Colori vivaci nei vestiti demodé che uniscono la famiglia e la distinguono. Colori anche sulle porte, sui balconi, sui muri e sugli sguardi. Progetti incompiuti e sogni realizzati. E poi le musiche e le inquadrature che danzano. Le risate vengono alternate a momenti di drammaticità e le antipatie si sciolgono attraverso la comprensione dell’altro. Ho invidiato Licia Maglietta per la sua bellezza fuori dai canoni moderni, per il suo sorriso senza età, a ricordarci che la femminilità è qualcosa che hai dentro e che nessuna perfezione può garantire.
Non tiratemi più le orecchie.

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