Ho appena terminato di leggere il libro di Thomas Bernhard, Goethe muore. Il libro è formato da 4 racconti, in cui l'autore mette in mostra il suo stile letterario che per me è formato da un'ossessiva ripetizione di frasi a supporto di descrizioni di situazioni claustrofobiche. Che sia il Genio di Germania o il quarantaduenne amante di Montaigne, succube dei genitori; che sia la nevrosi per la montagna, trasmessa ancora da genitori o l'odio per nazioni, culture e città, la struttura letteraria non cambia.
A me non è piaciuto. Non è piaciuta neppure la formattazione del testo che senza interruzioni 'daccapo', fanno della pagina compatta un ulteriore segnale di soffocamento, di mancanza di respiro. Sicuramente Thomas Bernhard ha molti estimatori e l'editrice Adelphi -che considero la migliore in Italia – se lo pubblica è perché ha trovato delle qualità; ma a me non è piaciuto.
L'editore nella 'quarta di copertina' scrive: 'In questo piccolo gioiello c'è in nuce tutto Bernhard: qui si ride, ci si commuove e si pensa. Il racconto che dà l'irriverente titolo al volume vede il Titano, ormai allo scorcio della vita, in fase di bilanci'...
Il risultato che l'autore si era sempre prefisso era esaltare una comicità delle situazioni, io non l'ho trovata. Anche se l'ironia accompagna sempre le riflessioni dei protagonisti degli scritti, non ho trovato quello spunto che porta la lettura ad un piano superiore; a quello dove la componente filosofica e metaforica acquistano un nuovo senso delle cose. No. Tutto sembra avvitarsi, come la ripetizione delle frasi, in un circuito discendente.
Ad ogni modo l'autore è considerato uno dei massimi scrittori del '900.
Andate a fuoco è l'ultimo dei quattro racconti e qui penso che si raggiunga il massimo, l'apice dello stile di Thomas Bernhard. La relazione di viaggio a un ex amico -come recita il sottotitolo del racconto, è un inno, una filastrocca che inforca una collana di parole quali: bruttezza, volgarità, disgusto...con un 'esiziale' intermezzo. Qui si sente gioca molto l'autobiografia dell'autore; si racconta attraverso un sogno dove non risparmia nessuno -soprattutto l'Austria (la sua patria traditrice)- di quello che sente responsabile della sua depressione.
Con una breve indagine ho scoperto che il filosofo Aldo Giorgio Argani -il massimo studioso italiano di Ludwig Wittgenstein - è stato colui che ha fatto conoscere Thomas Bernhard in Italia. Questo filosofo ha scritto anche un saggio su Thomas Bernhard: La frase infinita. Thomas Bernhard e la cultura austriaca, ed. Laterza, Bari 1990. Nella scheda di questo libro -a cura di Paternò per l'Indice- si legge:
'L'Austria, pur rinnegata e maledetta, resta per Thomas Bernhard "Heimat", patria culturale. Così le due parti in cui si articola l'ultimo libro di Aldo Gargani - la prima dedicata all'analisi della scrittura di Bernhard, la seconda ai linguaggi della cultura austriaca - si compenetrano nell'intrecciarsi di estetica ed etica, di poesia e filosofia. In Bernhard l'incessante tramutarsi del senso in nonsenso e della verità in menzogna rende imprescindibile la scrittura, una "Gedankenpoesie" che, se condotta con rigore, è unica condizione di salvezza Negli altri - Wittgenstein, Musil, i padri della musica atonale, Ingeborg Bachmann - l'istanza etica impone di spezzare la coazione a ripetere per scegliere ogni volta di nuovo tra infinite possibilità. Condivisa è la ricerca di un "Mittelpunkt", abitazione in cui l'uomo possa sopravvivere alla pressione dei fatti entro il linguaggio. Bernhard, però, con il suo lavoro di decostruzione che dissolve, attraverso l'inversione di ogni concetto nel suo contrario, la verità unica, giunge a esiti paradossali: i suoi personaggi restano prigionieri dello spazio che dovevano abitare. Il pensiero, nel suo movimento autodistruttivo, si arresta un attimo prima della follia e del suicidio. A questo baratro arrivano tutti i personaggi, e tutti finiscono per soccombere. Lo scrittore invece si salva. Dalla sua opera ha bandito ogni descrizione, ha fatto della scrittura una tessitura di citazioni e frasi, ha preso le distanze dall'io narrante, per arrivare all'estremo della disperazione senza tuttavia perdersi. Ma davvero può restare incolume?'.
Irreprensibile. Concordo ed è per questo che il mio moto è quello di saltar pagine per trovare una fine -non certo un fine- nel nulla.
martedì, ottobre 14, 2014
Goethe muore di Thomas Bernhard
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