domenica, ottobre 05, 2014

Le capitali del mondo: da Atene a Shanghai. Una riflessione sulla civiltà d'Occidente.

Ogni epoca storica ha avuto una città capitale, una città che rappresentava, diventandone sintesi, quella fase storica socio-politica ed economica. Così abbiamo avuto per il mondo occidentale diverse città simbolo dell'epopea umana e politica. Da Atene, Roma, Parigi, Vienna, Londra, Berlino, fino a New York e Los Angeles c'è stato un continuo spostarsi verso Ovest...oggi la città più rappresentativa e capitale del mondo è Shanghai: un ovest che stavolta è Est. Già, la capitale del mondo rappresentativa del potere politico-economico, con tutto ciò che ne consegue, è oggi Shanghai. In un certo senso la nuova capitale del mondo è una contraddizione: è la sintesi di quanto è stato fatto in occidente, assumendone le forme fisiche dei grattacieli e del vivere frenetico, pur rimanendo una città dell'Estremo Oriente.

Ma cosa significa Shanghai nel mondo e per la nostra cultura? E' strano appunto che Shanghai risulti una capitale del mondo e quindi insieme anche dell'Occidente. Non lo è stata Mosca, non lo è stata Tokyo, non lo è stata Pechino...come HongKong. Allora?
Oggi abbiamo molte maniere per approfondire la realtà e fare conoscenze; oggi ci sono i global Media e anche la Rete permette di fare viaggi, seppure virtuali, nei luoghi più diversi. Con l'ausilio della letteratura è poi più semplice formarsi opinioni. Intanto Shanghai risulta la città più popolosa del mondo: con i suoi oltre 24 milioni di abitanti supera in ordine Karachi, Pechino e Tokyo.
Questa città situata alla foce del fiume Yangtze è equidistante da Pechino e Hong Kong. Famosi sono alcuni suoi soprannomi tra i quali: La Parigi d'oriente, La regina d'oriente, La Perla d'oriente... con l'insediamento di molte comunità straniere, a partire dagli inglesi per proseguire con francesi e statunitensi, per passare dai giapponesi agli ebrei russi ed europei, si è arrivati a dare alla città anche il soprannome di Grande Atene della Cina. Era il 1930 e il fatto potrebbe definirsi un anticipo per cui Shanghai era destinata a chiudere un ciclo della storia della civiltà occidentale. Una nuova Atene?

Il melting-pot per cui era ed è famosa NewYork, ora lo si può ritrovare a Shanghai. Anche se il tasso di stranieri in fondo è minimo. Oltretutto essere stranieri non passa inosservato e oltre che guardarti i cinesi del luogo ti ridono in faccia, ma questo non è offensivo. Uno straniero resta un laowai (un termine in mandarino, informale o slang, che sta per straniero-alieno). Con ciò rimarcano una differenza fisica e in un certo senso anche comportamentale. A Shanghai si vive 24 ore al giorno e tutto cambia vorticosamente; il conoscere e parlare altre lingue è una costante giornaliera. Ogni cosa che nasce a Shanghai è considerata moderna. Secondo alcune indagini autorevoli le mode che poi invaderanno l'Asia e il mondo nascono qui. D'altronde siamo entrati decisamente nel secolo cinese.
La commistione con i modi di vivere occidentali assume forme stereotipate: Mac Donald e Starbuck sono marchi comuni.

Per la letteratura occidentale va ricordato il libro dello scrittore francese André Malraux: La condizione umana, che ha come sfondo la città di Shanghai. Pubblicato nel 1933, protagonista principale di quel romanzo è la morte. Le problematiche esistenziali dei rivoluzionari, organizzatori della rivolta della città di Shanghai, fanno emergere in quella fase storica tutte le filosofie di vita che ognuno ha. Le azioni commesse moltiplicheranno le angosce e le certezze. Amore e incomunicabilità discrimineranno conoscenza e solitudine; vita e morte. La Rivoluzione non vincerà e quello che rimane sarà la consapevolezza che la sofferenza è data da altri uomini; da una borghesia che divide e crea continue 'chiese'.
Ecco che Shanghai usata in quel romanzo come sfondo di una tragedia umana, consumata nel sogno del riscatto, oggi offre al mondo un qualcosa di indefinibile.

Se ci affidiamo alla letteratura possiamo condividere per Shanghai ciò che ha scritto Paolo Rumiz per Pechino nel libro Maledetta Cina (Feltrinelli 2012):
'Dietro questa apparente somiglianza occidentalizzata pullula una mentalità che non ha niente da fare con la nostra. La vetrina è ingannatrice: i loro valori, le loro paure, il loro modo di amare e divertirsi non hanno niente a che fare col nostro mondo e temo che non riuscirò a comprendere quella dimensione...
Ho visto un paese omologato, ma omologazione non significa necessariamente comunismo. I cinesi hanno imparato da millenni a copiare e a non esprimere idee personali'.
Così, questa nuova capitale del mondo, scimmiotta una cultura occidentale che forse ha toccato un apice e non potrà che morire. Troppo? Può essere che una globalità dai destini misteriosi riesca a formare una civiltà nuova.

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