sabato, ottobre 23, 2004

Davanti agli sbarchi

Davanti agli sbarchi di disperati sulle nostre coste io non ho da offrire che lacrime e le uniche parole che penso sono: se questo è un uomo.
Questi africani morti e redivivi, che hanno affrontato il salto verso la nostra terra, che non so quanto non sia anche loro, sono paradossalmente la nostra speranza. Il loro anelito di fuggire dalla miseria, dalla crudeltà di guerre che noi chiamiamo di democrazia, sono la speranza per un mondo migliore; la speranza di riconoscere uomini e donne arrivati da «un’altra vita» per raccontarci che la «nostra» non è reale, non è sicura e soprattutto non è immortale.
Dopo di ciò fanno paura quegli uomini, esponenti di un potere istituzionale che si dice democratico ma mostra il volto arrogante e razzista, che parlano di chiusura, di reati, di delinquenza. Loro, che si sono riempiti la bocca di garantismo, di libertà e progresso, poi hanno ridotto i diritti, cancellato il reato di falso in bilancio per crearne uno inesistente di clandestinità, ridotto in nero un lavoro ed invisibili quei lavoratori che lottano per la sopravvivenza. Loro, impegnati sull’entità delle tasse, sui condoni ai furti e alle ricchezze nascoste, hanno senza quei disperati in verità già perso tutto. Il bene posseduto è un bene provvisorio quanto la vita che non si può negare a nessuno.

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