mercoledì, gennaio 19, 2005

Camminiamo stupefatti

Ho sempre invidiato i saggi, coloro che sanno leggere i simboli; coloro che sanno vedere le metafore della nostra vita. La metafora è la nostra via e insieme la nostra medicina.
Quello che vediamo, che si presenta per immagini, non fa che rammentarci la Sapienza: nasciamo ogni giorno con il sole, come moriamo con la notte.
La nostra putredine del corpo si veste d’avvenenza per farci scoprire la bellezza che insieme alla realtà effimera serve all’eterno Dio, cui cantare le lodi.
Nasce così la metafisica…ad insegnarci la felicità. La Sapienza non è poi solo del dotto ma di tutti, basta che si sappia risalire all’origine ultima delle cose. Ogni animo abbandonato e grato dimora, senza saperlo, nel regno della Sapienza: lo vive così l’arabo e il cristiano, come l’induista e il tibetano.
Per questo preghiamo. Al ritmo delle onde, la preghiera simile ad una risacca, forgia l’anima; mantra, litanie, giaculatorie: Kyrie eleison – La ilaha ill Allah…

Ma oggi abbiamo voglia di vivere il nostro tempo, così si dice, e qui sta la fregatura del contingente, del divenire, nell’andare per la storia. Camminiamo stupefatti tra le merci, popolo Narciso, come antichi santi fra gli angeli.
Ma l’essere per l’intelletto non è verbo nel senso del moto, ma di stato; del nostro stato i principi si scoprono e, secondo Platone, si ricordano.
Continuiamo pure a comprare ma si sappia discernere; si sappia che possiamo andare avanti, andare oltre. La Sapienza è il sapere di sé. Quindi abbandoniamo il Narciso. Lasciamolo solo a guardarsi in Tv. Chi sa leggere il nostro tempo, sa che avrà vita breve; ne sta già nascendo insieme un altro. Quello che consideriamo nuovo è già vecchio, è appena morto. Cè un simbolo che ce lo ricorda, c’è un mito da onorare: Sisifo o Edipo vivono sempre.

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