sabato, luglio 20, 2013

MANI

Molti anni fa scrissi questa riflessione sulle mani. Stamane mi è tornata a mente e allora la pubblico su questo blog – visto che non l'avevo ancora inserita.

'A pensarci, la natura non ci ha fornito di corna, denti da cani, unghie d'aquila, proboscidi o artigli ma solo mani.
Con queste mani traduciamo il sapere, la vita; perciò con queste ritroviamo il senso di essere u-mani.
Quali meraviglie di città, palazzi, sculture, quadri, scritti e macchine per ogni uso avremmo se non c'erano le mani? Pare incredibile che quasi tutto sia passato tra un pollice e l'indice con il supporto del medio; pare stupefacente che con l'aggiunta dell'anulare e mignolo si potesse narrare in ogni senso l'avventura umana.
Con le mani facciamo tutto, con la loro postura e mimando segni, anche parliamo.
Con le mani indichiamo, picchiamo, ci stringiamo, ci tocchiamo; con le mani ci accarezziamo, invochiamo, preghiamo.
Nella nostra mano qualcuno scorge il destino, il futuro; di sicuro c'è tutto il passato: c'è la storia di una zampa e di un artiglio, che si è poi articolata in cinque dita dalla fantastica mobilità capace di sorprendere perfino la vista. Vedi i prestidigitatori.
Quale attributo, prolungamento o complemento del cervello può esserci di più di una mano?
La mano è il segno, il simbolo dell'umano. Basta una sua impronta a testimoniarci: é il nostro manufatto che ci ha fatto umani. E' poi straordinario che l'impronta di un dito segnali l'unicità di una persona e non è una caso che il futuro, attraverso la denominazione "digitale" ovvero alla portata di dito, si disegni ancora con la mano o meglio con una sua parte; giacché pare esistere una rinuncia.
Pare, è proprio vero, che ci sottraiamo all'intero: a quell'unicità che è ancora la mano.
Ora aggiungo che vi esorto a usare le mani; Eric Fromm sosteneva che chi non usa le mani, nel senso della laboriosità, in fondo rimane un uomo a metà.
Per Anassagora poi la mano è l'uomo stesso.

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