giovedì, maggio 16, 2013

Cultura di Marco Aime

Recensione di Giorgio Boratto

Semplicemente Cultura è il titolo di un interessante piccolo saggio -edito da Bollati Boringhieri-, di Marco Aime, che in poco più di cento pagine racconta che cosa si intende per Cultura e per il cui tramite essa ci uniamo, dividiamo e distinguiamo.
Innanzi tutto la Cultura è un sapere appreso e nella concezione antropologica classica si intende quell'insieme di usi, costumi, regole, comportamenti che si apprendono nelle comunità.
All'inizio dell'intenso saggio di Marco Aime c'è il capitolo intitolato: Quella cosa chiamata cultura, che racconta come Pico della Mirandola, nella sua Oratio de hominis dignitate, propone una interessante interpretazione della Genesi: Dio durante la Creazione assegnò un destino ad ogni essere vivente e quando toccò l'uomo si accorse di non averne più a disposizione. Il vuoto, la mancanza di destino e di specializzazione ha portato l'uomo a inventare la cultura per riempire questa mancanza.
In sostanza con la cultura ogni uomo crea il suo destino, dando un senso e un ordine agli avvenimenti che vive. Così la Cultura è diventata per l'uomo una risposta per la sua sopravvivenza e al modo di stare insieme, unirsi in società. Il nostro bisogno di fare gruppo ci porta alla Cultura, come elemento per tenerci insieme. La Cultura è diventata un sistema simbolico e meccanismo di controllo; una serie di istruzioni che orientano le scelte individuali fornendo punti di riferimento ai bisogni.
Del corpo di regole che sintetizziamo con la parola Cultura poi noi, attraverso il conformismo, l'abitudine e la convenienza, ne restiamo vittime. La Cultura costituisce anche una gabbia. Dimenticando d'essere una costruzione umana, la Cultura diventa prodotto che pare naturale. In effetti lungo il percorso la Cultura è diventata un complemento della Natura.
Quello che chiamiamo culture sono gli insiemi di comportamenti e regole che vengono apprese vivendo in un determinato contesto sociale.
In fondo l'etimologia della parola Cultura ci rimanda a Coltura, all'azione del coltivare. Con il termine mutuato dall'agricoltura ci riporta all'alimentazione per cui si possono conoscere tutte le culture, le loro connessioni e insieme andare alla radice stessa.
Circa l'identità si possono prendere i due piatti che più di ogni altra cosa caratterizzano gli italiani: gli spaghetti e la pizza. Uno arriva dalla Cina e l'altro è arabo e su tutti mettiamo il pomodoro che arriva dall'America. Ogni cultura è già multiculturale. Ogni cultura è il prodotto di scambi con altre culture.
Il libro Cultura di Marco Aime termina con: Di fronte alla diversità. Il tema dell'etnocentrismo, la considerazione della propria Cultura come superiore alle altre, è comune in tutte le comunità. Dall'etnocentrismo si è passati prima alla xenofobia e poi al razzismo. La lettura della diversità con il razzismo non è più legata alla cultura ma alla sua natura: alla limpieza de sangre. Questo succede nella Spagna del XVI secolo, Chi aveva sangue spagnolo era superiore. Spostando tutto sulla natura, si toglie all'altro ogni possibilità di cambiamento. Riducendo tutto a dato biologico possiamo continuare a domandarci con Primo Levi: Se questo è un uomo.
A discapito della purezza bisogna sapere che la storia dell'umanità è fatta di incontri, scontri e scambi. L'uomo in realtà non ha radici; se guardiamo in basso vediamo che l'uomo ha dei piedi. Piedi che ci hanno permesso di muoverci, di camminare. Per questo l'uomo ha riempito ogni angolo della Terra. La storia dell'umanità è fatta con i piedi.
Sangue e suolo sono diventati i presupposti di una identità e della tradizione, due concetti che hanno una natura rituale e simbolica ma non legata alla realtà. Spesso avviene riguardo alla tradizione una filiazione inversa, in quanto saranno i figli a generare i loro padri. Non è il passato a modellare il presente, ma il presente che modella il suo passato. Sono retroproiezioni camuffate.
I paladini dell'identità che vorrebbero cancellare l'altro, dovrebbero sapere che è proprio grazie all'altro che essi costruiscono il proprio noi. L'identità è un dato relazionale che si costituisce sulla base della diversità. In conclusione Marco Aime, cita Edouard Glissant (scrittore e saggista martinicano, teorico della creolizzazione) per cui il problema sta nell'ossessione classificatoria che accompagna la visione occidentale del mondo. Tutto deve essere incasellato e avere una collocazione prescisa, netta e distinguibile. Ancora una volta risuonano tintinnanti echi della purezza.
Un libro che aiuta a spazzare tanta ignoranza che è la causa dell'intolleranza e del razzismo.
Marco Aime, tra i più conosciuti antropologhi culturali italiani, tramite le sue pubblicazioni da molto tempo ha raccontato le diversità culturali e tutte le sfaccettature di quanto ci unisce e divide.

Pubblicato su lankelot.eu

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